#10: Come le foreste!

Giorni fa stavo passeggiando nei boschi intorno casa, nelle zone collinari delle Marche, e per la prima volta mi è risultato evidente quanto noi esseri umani siamo simili alle foreste.

Sicuramente anche tu avrai fatto almeno una volta nella vita una passeggiata all’aperto e avrai notato come, all’inizio, il bosco non è fitto, ma si va chiudendo piano piano. Inizialmente gli alberi e le piante che ne definiscono l’ingresso sono bassi, aperti e accessibili e, man mano che ci si inoltra al suo interno, la natura prende il sopravvento: gli alberi iniziano a infittirsi, la luce a diminuire, i rumori delle vicine comunità cessano di essere uditi e ne prendono il posto lo sbattere d’ali degli uccelli tra i rami, il rumore delle foglie che cadono o, se va male, il passo di qualche animale inatteso! Insomma… si sente che siamo in un luogo appartato, dove non si riesce a vedere tutto con facilità e in cui bisogna fare attenzione!

E così notavo come anche noi, esseri umani, quando incontriamo qualcuno di nuovo, inizialmente, trovandoci ancora alla superficie del nostro essere, siamo aperti, rilassati e lasciamo facilmente entrare chiunque voglia comunicare con noi.

Man mano che la relazione si addentra sempre di più nelle nostre profondità, però, la luce e l’accoglienza iniziano a diminuire e, per chi vorrebbe entrare, aumenta la percezione dei pericoli che può correre.

Ultimamente, prima di inoltrarmi, ho preso l’abitudine di chiedere il permesso alla foresta di lasciarmi entrare al suo interno in completa sicurezza. Allora, se gli alberi rispondono mossi dal vento, lo prendo come un sì!

Procedo fino a quando non inizio a temere qualcosa, stimolata dai segnali di cui vi parlavo sopra: meno luce, alberi più fitti, assenza di rumori esterni. E a quel punto chiedo nuovamente il permesso di continuare a procedere!

Pensando alla straordinaria somiglianza che abbiamo con la natura, notavo come quando comincio una relazione non chiedo mai il permesso di procedere oltre.

Forse perché all’inizio non serve e ci si avventura, quasi di fretta e poco accorti, nelle profondità nostre e altrui.

E allora pensavo che sarebbe utile, volendo entrare un pò più in profondità, chiedere sempre il permesso all’altra persona perché, se è vero che all’inizio è aperta e rilassata, magari potrebbe non esserlo man mano che procediamo al suo interno.

In quei luoghi, chiusi e silenziosi, poco calpestati, è richiesto a chi entra di fare attenzione, perché essendo luoghi delicati, ci si potrebbe muovere con poca sensibilità e suscitare reazioni di paura nel proprietario del luogo: paura che poi si manifesta con la fuga o, a volte, con l’aggressione.

Dalle mie foreste ho imparato quindi che, se voglio iniziare una nuova avventura in un altrui e sconosciuto luogo, oltre a chiedere il permesso di entrare, mi è richiesta anche delicatezza e allerta: delicatezza per non ferire e tutelare chi mi ospita, allerta per tutelare me stessa in caso di reazione. Dovrebbe essere un’allerta condivisa, secondo me! L’ospitante e l’ospitato dovrebbero entrambi vigilare, in un continuo scambio di ruoli, poiché quando si entra, in realtà si fa anche entrare!

In tutto questo, un ruolo privilegiato lo gioca la comunicazione: la possibilità che ci diamo di parlare costantemente e onestamente durante tutto il viaggio, potrebbe evitare alle relazioni di chiudersi per eccesso di rischio percepito e per la paura che ne segue… togliendoci la gioia che disvela il mistero che è in noi e che si rivela attraverso l’altro.

E tu, come ti relazioni con gli altri?